Non è passato molto tempo da quando, su queste pagine, scrivevo di quanto il metaverso fosse solo fuffa, e diciamo che il mio pensiero è rimasto abbastanza immutato se visto come una bolla in cui rifugiarsi in stile: “Ready player one“.
Voglio però tornare sull’argomento perchè negli ultimi mesi ho avuto modo di ascoltare le parole di tante altre persone e devo ammettere che a distanza di qualche mese sono cambiate diverse cose ed oggi il mio punto di vista è un po’ diverso.
Iniziamo a dire che per molti brand la preparazione del piano marketing 2023 sta facendo largo uso di parole come metaverso, blockchain ed NFT e confrontandomi con alcuni clienti/amici si è arrivati a parlare di come poter realizzare progetti in questo ambito, segnale questo che non può essere ignorato.
Poi a dare un po’ più concretezza ed a farmi vedere davvero le cose con una prospettiva diversa è stato il metaverso di Lavazza realizzato proprio su Roblox e che sia dal punto di vista “comunicativo” che sotto il comparto “tecnico” è veramente ben fatto.
(agevolo qualche screenshot…)
In aggiunta a tutto questo ci sono stati un paio elementi personali che mi hanno reso particolarmente sensibile ed interessato all’argomento.
Il primo è il mio novenne di casa che anche se adesso sta passando un periodo immerso nella modalità creativa di MineCraft già lo scorso anno mi ha chiesto di giocare su Roblox.
Questo mi ha portato conoscerlo ed a dare sguardo approfondito a questa piattaforma per valutarne le meccaniche è i comportamenti dalla sua community.
(valutando anche potenziali rischi per ragazzi under 10)
Il secondo è la mia passione per i videogames intesi come “esperienza ludica” (e non solo come sparatutto e picchiaduro) che quando si somma alla curiosità ed alla cocciutaggine nel capire come funzionano le cose rendono Roblox e la sua piattaforma di creazione una calamita da cui è difficile staccarsi.
Roblox possiamo infatti considerarlo come un “metaverso” che anche una community (che conta milioni di utenti) ed oltre ad offrire migliaia di mondi da esplorare, permette – ed incoraggia – anche di crearne ex attravero il loro potentissimo ambiente di sviluppo (aka Roblox Studio).
Con tutte queste premesse e con la “scusante” di dover preparare un piccolo prototipo ho deciso di dedicare qualche giornata a fare un po’ di “Ricerca e Sviluppo” installando Roblox Studio e “spulciando” la documentazione ufficiale (che tra l’altro è fatta benissimo e ricca di esempi).
Il risultato di questa “fatica” mi ha dato molte soddisfazioni e in pochissimo tempo ho imparato a gestire le collisioni, l’input dell’utente, le interazioni di prossimità , la telecamera e l’illuminazione…
Ho creato e importato delle mesh associando semplici animazioni.
Progettando una GUI per gestire una spash iniziale e/o un inventario, sviluppato un algoritmo per la generazione randomica di tile e un piccolo importer json per creare delle mappe più velocemente.
C’è ancora tanto da scoprire ed imparare ma posso comunque dire che:
- l’interfaccia di questo IDE (tra l’altro completamente gratuita) è molto funzionale.
- Il linguaggio di scripting (LUA) è molto semplice
- le logiche che sottendono all’interazione dei diversi oggetti/servizi sono documentate e spiegate molto bene.
Dopo aver appreso le basi, su suggerimento di un amico, tra i miei primi “esercizi – obiettivi” ho provato a realizzazione di un clone di Tip Toe, (uno dei round di Fall Guys).
La “cosa” tutto sommato è venuta discretamente bene da un punto di vista tecnico, ma manca sicuramente della cura che solo un game designer con un po’ di esperienza saprebbe dare.
Ed è forse questa la lezione più grande che ho imparato in questi giorni, ovvero che sono le piccole sfumature con cui si implementano le meccaniche ed i dettagli grafici che fanno la differenza tra un “giochino” ed un bella “esperienza ludica” che ti fa venire voglia di giocarci ancora.
Tirando le somme potrebbe sembrare che in queste righe io sia passato di “palo in frasca” iniziando a parlare di metaversi ed arrivando ai videogiochi ma unendo i puntini ed aggiungendo un piccolo ragionamento tutto inizierà a quadrare: oggi l’unico “metaverso” che ha senso di esistere sia quello con meccaniche ludiche.
La “gamification” (altra buzzword usata ed abusata nei piani di marketing) è uno dei concetti che oggi può e deve fare da traino considerando anche l’eta media di chi frequenta i metaversi è decisamente under 20.
Ma questo non vuol dire che non si possa veicolare un brand con un target più adulto attraverso altri tipi di coinvolgimento (l’esempio di Lavazza penso parli da solo).
Cosa serve per iniziare:
Come in altri ambiti le competenze da mettere in campo per fare un lavoro ben fatto sono molte e non si tratta solo di codice.
Serve chi pensare al messaggio da veicolare, chi alle meccaniche ed al suo bilanciamento, chi all’aspetto grafico ed alla UX e poi si che anche chi come me si metterà a scrivere righe di codice…
Adesso non posso dire molto di più ma spero presto di poter scrivere del mio primo metaverso.
#staytuned